Negli ultimi 15 anni, il mercato immobiliare ha assunto dinamiche coerenti a livello globale, influenzato da fenomeni esogeni di rilevanza mondiale, come ad esempio, l’implosione dei mutui sub-prime nel 2009 che ha avuto origine negli Stati Uniti e la crisi finanziaria e immobiliare globale che ne è conseguita.
In quasi tutti i Paesi delle più grandi economie del mondo le compravendite e i prezzi avevano continuato a crescere anche negli anni difficili del Covid (anzi, la scoperta dell’home working aveva addirittura alimentato la domanda di acquisto) e, perfino, nella prima fase della guerra in Ucraina. Poi, dall’estate scorsa, il balzo dell’inflazione e dei tassi di interesse hanno provocato una brusca frenata al mercato immobiliare.
Tuttavia, le conseguenze sull’andamento del mercato immobiliare sono diverse a seconda di chi lo guarda: se dal mondo residenziale dei privati o da quello degli investitori.
Il segmento residenziale sta iniziando infatti a dare i primi sintomi di malessere, con una riduzione un po’ dappertutto, Italia compresa, nel numero delle transazioni, con le previsioni di fine anno in calo rispetto al 2021, che aveva addirittura superato i livelli pre-Covid. Anche i prezzi hanno iniziato a scendere, seppure più lentamente, in particolare negli Usa, in Gran Bretagna e perfino a Parigi, la città più cara d’Europa (dopo Lussemburgo), abituata ad una crescita a doppia cifra, dove il calo nelle quotazioni supera l’1%.
Secondo il “Bubble Index” elaborato nel 2022 da Ubs, le città a “rischio bolla” sono Toronto, Francoforte, Zurigo, Monaco e Amsterdam. Nonostante l’esplosione dei prezzi e del numero delle transazioni, che assorbono quasi un quarto del dato nazionale, Milano è ancora lontana dal rischio bolla, con i valori delle case ancora giudicati sottovalutati rispetto a quelli di altre metropoli europee.
Per Milano, infatti, pur a fronte di un rallentamento fisiologico nel volume delle transazioni dopo sei trimestri consecutivi di rialzi, le previsioni sono ancora di una crescita dei prezzi fino alle Olimpiadi invernali del 2026, anche se a un ritmo più lento di oggi, grazie anche a riqualificazioni urbanistiche importanti ad alta vocazione “green”, come la conversione dei sette ex scali ferroviari.
C’è Milano e poi c’è il resto d’Italia. Dove è previsto un calo generale nel residenziale a causa del continuo aumento dei tassi di interesse e dell’aumento del costo della vita, con i futuri acquirenti dei ceti medi che dovranno rimandare i loro progetti o ridurre le metrature, pur con le eccezioni nel segmento “lusso” e in quello delle seconde case, che sta vivendo una nuova giovinezza, favorito anche dallo smart working.
E il mondo degli investitori?
A livello globale, il 2022 è stato un anno di crescita per gli investitori istituzionali e soprattutto per i fondi immobiliari, per i quali i dati globali parlano di un incremento del 17% di patrimonio gestito su base annua, dimostratisi praticamente invulnerabili alle guerre, alle fluttuazioni finanziarie e alle crisi di mercato, approfittando anzi della forte inflazione a livello mondiale per aumentare il proprio peso all’interno dei portafogli istituzionali. E che ora si prepara alla rivoluzione ecosostenibile e ai cambiamenti dei consumi energetici.
In Italia, nel post-Covid il settore immobiliare è stato trainato dalla logistica e dall’alberghiero, con una grande richiesta di uffici di nuova generazione. Grande crescita anche per il settore living, tradizionalmente appannaggio degli acquirenti privati, ma che piace sempre più agli investitori, in particolare internazionali, soprattutto nei segmenti derivati (co-living, student living, senior living, build to rent ecc.) che, offrendo modelli residenziali diversificati volti a soddisfare la mutata domanda abitativa, oggi assicurano una maggiore stabilità e resilienza rispetto alle altre asset class e, complice l’aumento dei canoni di locazione, anche una buona redditività.
Logistica, life science, datacenter, student housing sono asset class su cui l’Italia sconta ancora un ritardo strutturale rispetto agli altri Paesi e che pertanto hanno enormi potenzialità di crescita nel Bel Paese.
Per il 2023, la situazione economica e geopolitica mondiale sta spingendo però gli investitori su posizioni attendiste.
E qualcosa inizia a scricchiolare anche tra gli investitori, se si pensa al colosso Blackstone che a dicembre ha sospeso i riscatti ai sottoscrittori del suo fondo immobiliare Breit (Blackstone Real Estate Income Trust) da 126 miliardi di dollari e che ha visto scendere drasticamente le proprie quotazioni in borsa.
Mentre dall’altra parte del globo, nel Paese in cui la bolla è scoppiata per prima, la Cina, dove il settore del real estate è assolutamente prioritario per l’economia, si vedono i primi segnali di recupero verso la normalità, grazie anche alla fine della politica dello zero-Covid e alla maxi-iniezione di capitale che le banche del Dragone hanno garantito a fine novembre al settore delle costruzioni a rischio collasso.
Nessuna nube all’orizzonte, infine, per il mercato residenziale delle locazioni, da anni in crescita costante ovunque, favorito anche dall’aumentato interesse degli investitori verso questo settore, e che, proprio per questa ragione, soprattutto negli Usa sta creando tensioni sociali e inizia a preoccupare anche i governi dei Paesi europei che stanno pianificando nuove politiche abitative volte a consentire l’accessibilità all’abitazione a tutti, secondo quanto prescriverebbe l’art. 25 della Dichiarazione universale dei diritti umani («Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo (…) all’abitazione.»)