Secolarizzazione crescente, calo dei fedeli e delle vocazioni, crollo delle offerte sono la causa di molti edifici religiosi vuoti o abbandonati. Con costi di manutenzione, in tempi di crisi economica, sempre più insostenibili per gli enti proprietari.
Scrive il Wall Street Journal che la Chiesa anglicana chiude in media 20 edifici religiosi all’anno, in Germania negli ultimi anni hanno chiuso centinaia di chiese, e lo stesso accade anche nei Paesi cattolici come Italia e Francia, rispettivamente prima e seconda nazione per numero di edifici religiosi in Europa.
Il censimento degli edifici religiosi
Secondo un censimento dell’Ufficio Nazionale dei Beni Culturali Ecclesiastici e l’Edilizia di Culto, in Italia ci sono oltre 200.000 edifici sacri, di cui 77.000 di proprietà delle parrocchie e gli altri appartenenti a Regioni, Comuni, Ordini religiosi, privati cittadini e Ministero dell’Interno, che ne detiene oltre 800 gestiti dal Fec, Fondo Edifici di Culto.
Si stima che le chiese e i monasteri abbandonati in Italia sarebbero oltre 800. Edifici storici, unici, ricchi di tesori d’arte, spiritualità e cultura che rischiano di scomparire.
Lo stesso accade in Francia. Per l’Observatoire du Patrimoine Religieux ci sarebbero circa 100.000 luoghi di culto, di cui circa 40.000 di proprietà dei Comuni.
500 tra chiese, conventi e abbazie sono già chiusi anche alla celebrazione del culto, e da 2.500 a 5.000 sono a rischio abbandono, vendita o crollo entro il 2030.
Patrimonio di comunità o contro-testimonianza?
Diceva Papa Francesco in visita al Centro Astalli di Roma nel 2013 che “i conventi vuoti non servono alla Chiesa per trasformarli in alberghi e guadagnare i soldi. I conventi vuoti non sono vostri, sono per la carne di Cristo che sono i rifugiati“.
Eppure davanti alla prospettiva del deterioramento o, peggio, del saccheggio l’unica alternativa sembrerebbe proprio quella di rivitalizzarli e riconvertirli. I fedeli sembrano i primi ad essere d’accordo.
La sensibilità dei fedeli
Lo certifica un sondaggio commissionato da La Croix, tra i più diffusi quotidiani d’ispirazione cattolica al mondo: il 71% dei fedeli francesi è a favore di una rivitalizzazione del patrimonio immobiliare religioso e della sua riconversione in edifici civili.
Ogni anno in Francia una ventina di edifici di culto è oggetto di un decreto di sconsacrazione, il primo passo per la vendita e la riconversione in biblioteche, librerie, caffetterie o sale da concerto. Ma anche abitazioni, hotel o ristoranti.
Esempi di rivitalizzazione
Qualche esempio? L’Abbaye de la Bussière, nel cuore del Dipartimento della Côte-d’Or in Borgogna, è oggi un hotel di lusso; l’Abbaye de la Celle, in Provenza, è la maison di Nicolas Pierantoni, uno dei discepoli di Alain Ducasse, 21 stelle Michelin in carriera; l’Abbaye Royale de Fontevraud, nel dipartimento di Maine e Loira, unisce hotellerie, ristorazione e istituzione culturale, con una rinomata collezione di arte contemporanea aperta al pubblico.
Lo stesso accade in Italia, con molte diocesi che decidono di conferire un uso non più liturgico all’edificio di culto pur mantenendone la proprietà, oppure di venderlo a una istituzione o a un privato.
Molti antichi luoghi dello spirito oggi, dopo abili e attenti restauri, sono stati trasformati in luoghi del benessere, esclusivi resort, residenze e alberghi suggestivi, o strutture con finalità socio-culturali: l’Eremito Hotelito del Alma, un ex monastero trecentesco immerso nei boschi di Parrano, in Umbria, è diventato un resort con ristorante vegetariano, un bar e una Spa; in Garfagnana, in Toscana, l’ex monastero agostiniano del XIII secolo, I Romiti del Torrente, offre sistemazioni di charme ad artisti e creativi attirati anche dalla vecchia cappella diventata loft per mostre, workshop, concerti e degustazioni; in Sicilia l’Hotel Antico Convento ha ricavato camere di charme dalle 40 celle dei frati dell’ex convento dei Cappuccini, il ristorante è gestito da docenti e studenti della scuola di cucina mediterranea Nosco e il ricavato delle attività è reinvestito in opere sociali.
Per non parlare dell’ormai leggendario hotel San Domenico Palace di Taormina gestito da Four Season realizzato nella struttura di un ex convento domenicano del XIV secolo con affreschi originali, location della serie di successo HBO White Lotus.
Le iniziative dei cittadini
Ci sono anche iniziative che nascono da gruppi di cittadini che hanno come unico scopo quello di preservare l’esistenza di questi edifici come eredità storica, culturale e spirituale. Per esempio a Venezia, dove un comitato di architetti si è attivato per il recupero di almeno 30 chiese abbandonate, e l’associazione Poveglia sta cercando di acquistare e salvare l’omonima isola, ex lazzaretto e luogo di culto; oppure il comitato di Preci, in Umbria, che sta provando a ricostruire l’abbazia di Sant’Utizio, culla del monachesimo benedettino travolta dal terremoto del 2016; o ancora i cittadini di Monterosso, nelle Cinque Terre, che stanno cercando di salvare il santuario duecentesco di Nostra Signora la Madonna di Soviore, luogo di devozione, memoria storica e arte.
Quali prospettive?
Che fare quindi? Da un lato vi sono le preoccupazioni dei religiosi che, davanti a edifici di culto trasformati in gelaterie, night club e discoteche sottolineano come il “problema non sia solo di natura culturale, ma valoriale e pastorale”, dall’altro lato, la prospettiva che questo patrimonio corra il rischio di scomparire sotto i colpi del tempo e della mancanza di fondi. In mezzo una riflessione necessaria su come promuovere una rivitalizzazione rispettosa di tutte le sensibilità a cui sono chiamati, in primis, gli operatori immobiliari.