I data center: la nuova asset class?
I data center: la nuova asset class

In un mondo in cui la crescente domanda di dati e accesso alle reti informatiche traina la domanda di spazi fisici e virtuali per ospitare le strutture che li generano, una nuova asset class si sta imponendo nel mercato degli alternative investments: i data center.

Sulla scorta della crescente richiesta di accesso al web che si è acuita negli ultimi due anni, con la diffusione dei sistemi di conferenze call virtuali che hanno evidenziato il sottodimensionamento delle reti informatiche rispetto alla domanda potenziale, il mondo degli investitori si sta domandando se tale asset class possa costituire, nei prossimi anni, un’occasione di investimento dai ritorni interessanti.

Le strutture data center

Discendenti dalle “sale computer” degli anni 80, i data center hanno conosciuto un’accelerazione nella loro crescita tecnologica tra la fine degli anni Novanta e i Duemila, anni della bolla dotcom. L’esigenza di avere un luogo fisico dove collocare le sempre più numerose attrezzature (i cosiddetti “racks”, in italiano “armadi”) che garantissero un continuo e sempre più veloce accesso alla rete, spinse le aziende a realizzare un proprio data center, spesso ricavato in strutture ed edifici nati con finalità completamente diverse, e solo successivamente riadattati per le esigenze di ospitare i numerosi racks, e dotati delle infrastrutture necessarie al loro funzionamento (gruppi di continuità, impianti di condizionamento, sistemi di controllo accessi e antincendio, etc).

Oggi la tendenza è invece quella di costruire ex novo delle strutture che, sin dalla fase di ideazione, garantiscano efficienze nei consumi e quindi nei costi. 

Le strutture sono quindi modulabili, spesso con una limitata componente “edificio” che è soprattutto un contenitore; tra i fattori di localizzazione più rilevanti, sicuramente la vicinanza a reti elettriche, a infrastrutture di telecomunicazione e servizi di rete, linee di trasporto e anche la vicinanza a servizi di emergenza. Sono poi presi in considerazione anche i fattori di rischio ambientale, tra cui la zona geologica di insediamento (in previsioni di eventi sismici), il rischio alluvionale, la vicinanza a fattori di rischio esterni e soprattutto il clima medio nell’arco dell’anno, in quanto elemento cruciale per l’efficientamento di un data center è la capacità di raffreddamento dei locali che ospitano i server, e la temperatura media esterna è quindi un elemento rilevante.

Rispetto ad un classico edificio, come una palazzina uffici, un albergo o un capannone di logistica, fattore critico è la veloce obsolescenza funzionale e tecnologica che caratterizza questi contenitori di infrastrutture informatiche: se tipicamente un edificio ha sempre avuto un periodo di obsolescenza superiore ai venti anni, tipicamente trent’anni, oggi un data center si può considerare obsoleto dopo dieci anni, e ancora meno in riferimento alle componenti interne.

Gli investimenti in data centers

I data center, spesso definite “le fabbriche del domani” per porre l’accento sul loro ruolo di luogo di produzione di dati, sono sicuramente, dopo gli immobili destinati alla logistica, il nuovo volto degli investimenti immobiliari commerciali e sicuramente il più moderno.

Storicamente di esclusivo interesse delle sole aziende operatrici del mondo IT, dei proprietari e degli sviluppatori, l’investimento immobiliare in data center sta cogliendo le attenzioni dei classici investitori istituzionali attivi negli alternative investments, alla costante ricerca di nuove forme di investimento e di sempre più interessanti rendimenti, soprattutto se confrontati con i rendimenti delle asset class del real estate più tradizionali: oggi possiamo senza dubbio affermare che quindi questo mercato è destinato a crescere esponenzialmente con lo sviluppo delle tecnologie di elaborazione dei big data, del cloud computing, dell’intelligenza artificiale e dei social media.

Il mercato più maturo è quello degli Stati Uniti, dove sono nati i data center; guardando invece all’area EMEA, che negli ultimi dieci anni ha visto una crescita ad un tasso a due cifre, i paesi interessati dallo sviluppo di questa asset class sono il Regno Unito, la Germania, la Francia e l’Olanda, dove è insediata la prevalenza delle aziende del settore tecnologico e finanziario, e nello specifico nelle città di Londra, Francoforte, Amsterdam, Parigi e Dublino.

Anche in Italia questo mercato sta osservando una forte accelerazione degli investimenti, che si localizzano soprattutto nel Nord Italia e in particolare in Lombardia.

Nel periodo 2019-2023 il tasso di crescita annuo composto (CAGR) del volume di transazioni di data center in Europa era previsto pari al 10%, partendo da un totale di investimenti a tutto il 2019 di circa 331 miliardi di dollari; ad oggi le previsioni per il periodo 2021-2026 indicano che entro tale anno saranno investiti in data center circa 581 miliardi, con un CAGR pari all’8,3%.

Molto interessante il rendimento sull’investimento di questa tipologia di investimento immobiliare che in generale viaggia intorno al 5-7%, ma può raggiungere e superare oltre il 10% se il proprietario si occupa anche di tutti i supporti tecnologici al tenant.

I criteri di investimento in data centers

Peculiarità dell’analisi di un investimento in data center è l’unità di misura immobiliare utilizzata. Se sino ad oggi siamo stati abituati a valutare un investimento immobiliare in termini di canone di locazione espresso in valuta (dollari o euro) al metro quadrato di superficie all’anno, per i data center si utilizzano i Megawatt/mese

Dal punto di vista del profilo rischio/rendimento e rispetto alle asset class immobiliari tradizionali, i data center sono sicuramente considerati più rischiosi di altre tipologie mature come gli uffici, la logistica, gli immobili a destinazione ricettiva, lo student housing o il senior housing.

I canoni di locazionea Francoforte, per esempio, per spazi oltre 250 kW di potenza insediata, si attestano su range compresi tra i 160 e 200 dollari kW/mese, a Londra tra 130 e 170 dollari kW/mese, a Parigi tra 120 e 165 dollari kW/mese.

Altra componente che implica un diverso approccio all’investimento è la forte obsolescenza funzionale e tecnologica di questi immobili-contenitori, che dopo 10 anno possono dirsi obsoleti. 

I green data centers

Come sopra delineato, cresce nel tempo l’importanza dei criteri di efficientamento energetico dei data center: questi contenitori sono infatti energivori di elettricità, necessaria oltre che a far funzionare i server, soprattutto a raffreddarli. 

L’impatto di questi edifici, e la ricaduta in termini ecologici, è quindi oggi più che mai attuale e dibattuta, soprattutto in relazione alla effettiva sostenibilità nel lungo termine. I green data center si contraddistinguono quindi per una configurazione che minimizza il consumo di suolo, per l’uso di materiali da costruzione eco-sostenibili come le vernici a basse emissioni di sostanze nocive, la progettazione degli elementi costruttivi che prevede il riciclo al 100% al termine del ciclo di vita, l’uso di fonti energetiche alternative come il fotovoltaico, le pompe di calore e il raffreddamento evaporativo.

Oltre ai sicuri vantaggi di offrire degli ambienti di lavoro sani, confortevoli e salutari, questa specifica classe di data center si presta sicuramente ad essere ambito di quegli investitori che, alla ricerca di rendimenti interessanti, non tralascino anche le tematiche ESG, che in questo caso possono dirsi ampiamente soddisfatte.

La dimensione del mercato dei green data center dovrebbe crescere da 49,2 miliardi di dollari nel 2020 a 140,3 miliardi di dollari entro il 2026, con un tasso di crescita annuale composto (CAGR) del 19,1%.

In particolare, il mercato dei green data center sta suscitando interesse in vari paesi, e ha catturato l’attenzione delle principali aziende e delle istituzioni governative, che sostengono la realizzazione di questo tipo di soluzioni rispetto ai modelli più tradizionali e meno ecosostenibili.