Uno studio dell’ISTAT di alcuni anni fa ha posto l’attenzione su un aspetto rilevante delle dinamiche demografiche in Italia, e cioè di come gran parte della popolazione abiti in città e di come questo processo di migrazione verso i grandi centri urbani sia inarrestabile.
Oggi circa un terzo della popolazione vive nelle grandissime città, il 42% in città di medie dimensioni, e solo un quarto circa della popolazione nei piccoli centri con meno di 5.000 abitanti, che costituiscono, per contro, il 72% della superficie della nostra penisola.
Il fenomeno dello spopolamento dei piccoli centri e dei borghi ha raggiunto livelli tali da “far morire” tanti piccoli centri per mancanza di residenti: sulla scorta di quanto fatto in Spagna in passato, tanti piccoli comuni italiani hanno quindi sperimentato la formula della “Casa a 1 euro”, come soluzione per combattere questa tendenza demografica.
Il patrimonio culturale dei borghi italiani abbandonati e le misure di recupero
Oltre la metà del suolo italiano è composto da borghi, parchi naturali e aree protette. Come sopra accennato, questo patrimonio ambientale, archeologico e storico-culturale oggi soffre della tendenza demografica negativa, con una popolazione sempre più in fuga verso le grandi città: le regioni italiane maggiormente colpite sono quelle degli Appennini, in particolare la Toscana, il Piemonte, la Liguria, Calabria, Basilicata, Abruzzo, Molise, Friuli-Venezia Giulia, Sicilia e Sardegna. I piccoli comuni del nord Italia e in particolare delle Alpi resistono, grazie alla loro economia di valico organizzata in attrazioni turistiche montane e in attività sciistiche.
I borghi italiani appenninici – da sempre poco valorizzati – hanno infatti interventi di ristrutturazione malriusciti, campagne di valorizzazione volte alla “modernità” che spesso oscurano interi siti archeologici, nonché la privatizzazione di aree pubbliche.
In questo contesto si pone il Piano Nazionale Borghi che porrà l’attenzione a progetti di rigenerazione culturale, sociale ed economica di circa 250 borghi italiani. Interventi che avranno per oggetto le infrastrutture e i servizi nel campo culturale, turistico, sociale e della ricerca., tra cui nuove scuole o accademie di arti e mestieri, alberghi diffusi, nuove forme di turismo non stagionale e non invasivo, centri di ricerca e campus universitari, nonché residenze sanitarie assistenziali (RSA).
Il Piano Nazionale dei Borghi beneficerà di circa un miliardo di euro proveniente dal PNRR, volti a intervenire in particolare sui borghi con potenzialità turistiche notevoli e contesti potenzialmente dinamici, con l’obiettivo di invertire la tendenza migratoria e favorire il ritorno in particolare dei giovani che diano slancio allo sviluppo turistico ed economico capace di attrarre anche altri abitanti.
L’iniziativa delle case a 1 euro
Tra le altre strategie volte a invertire la tendenza allo spopolamento dei borghi italiani, recentemente ha avuto grande risonanza mediatica l’iniziativa delle case offerte e/o vendute a 1 euro, o comunque a prezzi simbolici.
Spesso, infatti, molti cittadini si trovano loro malgrado, soprattutto per averle ricevute in eredità, proprietari di immobili lontano dai loro luoghi di residenza e di lavoro e per i quali non hanno nessun interesse alla proprietà né all’uso: in questo contesto gli immobili costituiscono per loro piuttosto un costo fisso, a volte anche notevole, al quale farebbero volentieri a meno.
In questo contesto nascono le iniziative delle case a 1 euro, promosse anche direttamente dalle municipalità, con l’obiettivo della ripopolazione di questi piccolissimi centri urbani: il meccanismo prevede che chi compra al prezzo ribassato deve anzitutto accollarsi tutte le spese per poter procedere al trasferimento della proprietà e, una volta diventato proprietario, si impegni a ristrutturare la casa, con le opportune garanzia, e ad abitarla nel giro di due/tre anni massimo, in modo da rimettere in moto l’economia dell’area a partire dall’edilizia, ed evitare che, nel giro di pochi anni, sempre più paesi rimangano inesorabilmente vuoti.
Come funziona l’acquisto delle case a 1 euro?
I proprietari degli immobili, se non riescono a procedere autonomamente e/o tramite agenzie immobiliari (che spesso si rifiutano di commercializzarli), danno la disponibilità degli immobili al Comune perché li venda al prezzo simbolico di 1 euro.
L’amministrazione comunale, che ha interesse al ripopolamento del comune, promuove il progetto e fa da garante della regolarità della compravendita, che avviene sempre fra privati cittadini. Naturalmente ci sono degli impegni che l’acquirente deve garantire, come per esempio:
- redigere un progetto di ristrutturazione dell’immobile entro un periodo stabilito dal comune, in genere di un anno dalla data di acquisto;
- Sostenere tutte le spese notarili per la registrazione, le volture catastali, le eventuali regolarizzazioni e certificazioni e, se del caso, il nuovo accatastamento;
- Iniziare i lavori di ristrutturazione entro il termine previsto dal comune;
- Fornire le garanzie fidejussorie per garantire il completamento e corretta esecuzione dei lavori da parte del compratore.
Ovviamente questa procedura è aperta non solo a cittadini italiani, ma anche a tutti i cittadini stranieri che, per accordi tra il loro governo e lo stato italiano, possano acquistare un immobile in Italia.